E’ da un po’ che non ci occupiamo di congiuntivo…oggi abbiamo deciso di farlo con poesia!
Contemporaneamente al Dolce Stil Novo si sviluppa in Toscana, in particolare a Siena, la poesia comico realistica che rappresenta con efficace realismo gli aspetti e i sentimenti più comuni, talvolta anche volgari, della vita.
I temi cui s’ispira la poesia comico-realistica, nettamente contrapposti a quelli spirituali del Dolce Stil Novo, sono:
-l’amore ardente, appassionato e sensuale;
-la donna come creatura terrena (e non la donna angelo degli stilnovisti );
-l’esaltazione del denaro, del gioco d’azzardo, del divertimento, del piacere;
-il lamento contro la povertà e i fastidi della vita.
Questi componimenti poetici, che utilizzano un linguaggio “comico”, cioè medio, vicino a quello popolare, obbediscono a precise scelte stilistiche come l’uso dell’ingiuria e il gusto per la parola forte e violenta, per l’aggressività verbale.
Il maggior rappresentante della poesia comico-realistica è Cecco Angiolieri.
Cecco Angiolieri nacque a Siena intorno al 1260 da una famiglia nobile e ricca. Di lui abbiamo poche e frammentarie notizie. Amante dei piaceri e dei divertimenti, visse in modo sregolato. Processato più volte per debiti, fu anche bandito da Siena. Entrato in possesso dell’eredità paterna, la dilapidò e morì in miseria nel 1310 circa.
A Cecco Angiolieri si attribuiscono circa centodieci sonetti che hanno come motivi ricorrenti: la storia del suo amore schiettamente sensuale per una certa Becchina; la passione per il vino, il gioco, la taverna; l’odio nei confronti dei genitori che non gli danno sufficiente denaro per da sfogo ai suoi vizi e ai suoi piaceri.
I suoi componimenti sono caratterizzati dal gusto del violento, del colorito, dell’esagerato, del disperato.
Nel sonetto che vi presentiamo, senz’altro il più famoso del Canzoniere, Cecco Angiolieri sfoga la sua rabbia lanciando una serie di maledizioni contro il mondo intero.
Il poeta, però, grazie alla scherzosa conclusione finale, riesce a sdrammatizzare con grande abilità il tono violento e dissacrante dell’intero sonetto.
Il sonetto è stato reso ancor più famoso dal musicista Fabrizio de André, che l’ha trasformato in canzone.
S’ì fosse*foco, arderei il mondo;
S’ì fosse vento lo tempesterei ;
S’ì fosse acqua, i’ l’annegherei;
S’ì fosse Dio, mandereil’ en profondo;
S’ì fosse papa, sare’ allor giocondo,
ché tutt’i cristiani imbrigherei;
S’ì fosse ‘mperator, sa’ che farei ?
A tutti mozzerei lo capo a tondo.
S’ì fosse morte, anderei da mio padre;
S’ì fosse vita, fuggirei da lui;
similmente farìa da mi’ madre.
S’ì fosse Cecco, com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
e vecchie e laide lasserei altrui.
* S’ì fosse = in italiano moderno corrisponde a “se io fossi”
giovedì 12 novembre 2009
S'i' fosse foco...
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