giovedì 17 dicembre 2009

Le piante del Faro: il gelsomino

Il primo ad averne qualche esemplare, in Italia, fu Cosimo I de' Medici, detto il "Gran diavolo": si invaghì tanto di questo fiorellino, che volendo esserne l'unico possessore, proibì severamente ai suoi giardinieri di regalarne anche una sola pianta e di riprodurlo in molti esemplari.
L'ordine granducale fu scrupolosamente rispettato per molti anni.
Alla fine un giovane giardiniere, volendo presentare un ricco e gentil dono alla propria fidanzata nel giorno del suo onomastico, pensò di offrirle un ramoscello di Gelsomino.
La giovane gradì moltissimo; dolente che un così bello e raro fiore dovesse avvizzire così presto, lo mise in terra per conservarlo fresco più lungamente.
Ottenne più di quanto sperasse. Il Gelsomino restò verde per tutto l'anno e nella seguente primavera gettò nuovi germogli e nuovi fiori.
Questo fiore divenne il padre, se non di tutti, almeno di buona parte dei Gelsomini che possediamo!
Il ricavo della vendita di queste pianticelle fu tanto cospicuo, che i poveri amanti divennero ben presto sposi doviziosi e felici.
Da quel tempo le giovinette toscane usano portare nel dì delle nozze un mazzetto di gelsomini, in memoria di tale avvenimento.

In Spagna il Gelsomino è l’emblema della sensualità... e lo sapeva anche Montale, come traspare dalla sua bellissima poesia "Il gelsomino notturno".


E s'aprono i fiori notturni,

nell'ora che penso a' miei cari.

Sono apparse in mezzo ai viburni

le farfalle crepuscolari.


Da un pezzo si tacquero i gridi:

là sola una casa bisbiglia.

Sotto l'ali dormono i nidi,

come gli occhi sotto le ciglia.


Dai calici aperti si esala

l'odore di fragole rosse.

Splende un lume là nella sala.

Nasce l'erba sopra le fosse.


Un'ape tardiva sussurra

trovando già prese le celle.

La Chioccetta per l'aia azzurra

va col suo pigolio di stelle.


Per tutta la notte s'esala

l'odore che passa col vento.

Passa il lume su per la scala;

brilla al primo piano: s'è spento . . .


È l'alba: si chiudono i petali

un poco gualciti; si cova,

dentro l'urna molle e segreta,

non so che felicità nuova.

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