
Nell’italiano contemporaneo il congiuntivo è in crisi: incalzato dall’indicativo, che mira a usurparne il posto, esso è in lenta e inesorabile decadenza. Sempre più spesso, infatti, sentiamo dire: “
Non so quanti chili di ciliegie
hanno comprato” anziché “
non so quanti chili di ciliegie
abbiano comprato”. E fin qui niente di grave, perché ormai nelle interrogative indirette l’indicativo è usato sempre più spesso del congiuntivo. Più grave, invece, è il caso in cui l’indicativo sostituisce il congiuntivo in frasi come “
Mi sembra che Maria
è già partita” o “
credo che Paolo
è tornato”. In queste frasi , infatti,
l’indicativo, che è il tempo della certezza, fa letteralmente a pugni con i verbi reggenti mi sembra e credo, che esprimono opinione, incertezza e dubbio e, quindi, vorrebbero il
congiuntivo.
Insomma: una cosa è dire “so che hai detto la verità” e un’altra è dire “credo che tu abbia detto la verità”. Eppure nonostante la grammatica, la logica e il buon senso assegnino competenze ben distinte all’indicativo e al congiuntivo, nell’uso corrente l’indicativo tende sempre a imporsi a danno del congiuntivo. Tuttavia, sarà bene tener presente che rinunciare al congiuntivo e di conseguenza, all’opposizione indicativo/congiuntivo, cioè modo della certezza/ modo del dubbio e dell’opinione, vuole dire rinunciare a esprimere sfumature di significato tutt’altro che secondarie e inutili.
Marcello Sensini, LE PAROLE, LE REGOLE; I TESTI
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